Le referenze possono essere un ottimo strumento di valutazione per il datore di lavoro. A patto, però, che siano verificate con rigore e professionalità, affidandosi a un esperto

Il tema delle referenze relative a un manager da inserire in azienda è piuttosto controverso.  C’è chi le ritiene un fattore essenziale del processo di recruiting. Chi invece le considera ragionevolmente inutili. I sostenitori di questa seconda tesi pensano che sia piuttosto naturale che un candidato porti solo referenze a suo vantaggio. Così come è altrettanto naturale che un datore di lavoro, per evitare polemiche, non rilasci referenze negative.

Non è comune che l’azienda italiana rilasci referenze scritte, ma questa prassi risulta più frequente all’estero, dove comunque alcuni ritengono di potere evincere – da referenze sulla carta positive – elementi di criticità, mentre altri si limitano a utilizzare un formato pressoché standard su richiesta del manager in uscita.

Contano di più i colloqui?

Le aziende che ritengono le referenze poco significative credono che il principale metodo di selezione siano i colloqui, a cui sempre più spesso fa seguito un vero periodo di prova. E, tenuto conto della maggiore flessibilità del contratto di lavoro estero rispetto a quello italiano, se un candidato non mantiene le promesse per le quali è stato assunto il contratto può essere più facilmente sciolto.

Per chi invece crede che le referenze siano essenziali, può essere opportuno, da parte del recruiter, verificare attentamente le referenze sul reale operato professionale del candidato presso i precedenti datori di lavoro.

Verificare le referenze

Il rapporto sulle referenze diventa quindi un corollario essenziale del processo di selezione. Perciò richiede anch’esso un approccio improntato a rigore e professionalità; perché sia davvero funzionale occorre avere ben chiara la finalità e quindi porre domande su fatti concreti che possano confermare o meno la bontà della candidatura.

È buona norma che le referenze siano raccolte da chi ha sviluppato la selezione, che è quindi bene a conoscenza di alcuni fattori chiave: il profilo richiesto, il contesto in cui si andrà a inserire il candidato scelto, i punti di forza e le eventuali aree di miglioramento del candidato.

Meglio affidarsi a un professionista

A volte capita, purtroppo, che il cliente interno si lasci prendere dalla tentazione di muoversi in autonomia, andando a contattare qualcuno in una delle aziende in cui il candidato, ha lavorato, con risultati non sempre obiettivi e che possono addirittura inficiare il risultato finale. Meglio affidarsi a chi lo fa di mestiere e può essere in qualche modo super partes.

Chi va interpellato?

Le referenze vanno chieste a chi è stato il diretto superiore e ha potuto valutare il proprio collaboratore, al responsabile risorse umane, così come possono essere chieste anche a qualche collega per sondare la capacità di lavorare in team e di instaurare buone relazioni. Superfluo aggiungere che le referenze non vanno chieste all’interno dell’azienda in cui il candidato attualmente opera.

Interpellare ogni referenza indicata sulla lista fornita dal candidato, non significa necessariamente essere stati diligenti e aver svolto un buon lavoro: occorre da una parte indagare in profondità e dall’altra spesso completare le referenze con interlocutori non menzionati dal candidato, ma individuati dal selezionatore.

Se la persona interpellata fornisce referenze positive che coincidono con la valutazione complessiva, si prosegue in modo relativamente semplice. La difficoltà subentra quando la referenza è piuttosto riluttante a fornire informazioni e quindi ci troviamo a dover insistere con garbo, per fare breccia e riuscire a raggiungere comunque l’obiettivo. L’ipotesi più complicata risulta la referenza distonica rispetto alla valutazione fatta fino a quel momento. Nel caso emergessero fattori non coerenti occorre quindi tenerne conto e agire con cautela.

Attenzione a ciò che le referenze non dicono

Spesso non è tanto importante quello che la referenza dice quanto quello che non dice: occorre leggere tra le righe, occorre ascoltare le pause, le eventuali esitazioni nel dare una risposta, saperle interpretare o comunque coglierle per poi rilanciare la domanda, formulandola in maniera diversa.

Chi raccoglie le referenze deve sempre governare l’intervista: ha dall’altra parte una persona cui si chiede del tempo, lo sforzo di fare un salto nel passato, ricordando fatti, situazioni, elementi che possano fornire una valutazione, il tutto in un tempo piuttosto conciso.

La referenza raccolta in maniera professionale – la persona giusta, le domande giuste, il giusto peso dato alle risposte – riveste un peso importante. Si ottengono informazioni preziose (e talvolta determinanti) da chi ha conosciuto il candidato per averci lavorato insieme per anni, a fronte di colloqui o test che possono comunque presentare lacune o imprecisioni.

Il delicato processo di controllo delle referenze può rappresentare quindi una leva importante e un aiuto nella decisione di assumere la persona giusta. Occorre comunque sempre tenere presente che alla base di questa triangolazione (azienda-selezionatore-candidato) ci vogliono etica e rispetto di tutte le persone coinvolte.

 Articolo di Stefano Miccoli, Consigliere Confapi Milano e HR Senior Advisor di Maesina International Search

 

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