L’emergenza di questi giorni ha portato in primo piano il tema dello smart working, ma anche della fruizione “forzata” delle ferie, ipotesi che il Governo ha affrontato con il DPCM dell’8 marzo 2020. Nell’attuale delicata fase, i periodi di riposo possono essere stabiliti unilateralmente e senza preavviso dal datore di lavoro e rappresentano, quindi, uno strumento prezioso per risolvere il problema organizzativo rappresentato dalla forza lavoro che non può svolgere le proprie mansioni; come noto, l’esigenza di contenere il diffondersi dell’epidemia da Covid-19 ha, in molti casi, reso impossibile, in tutto o in parte, la prosecuzione delle attività di impresa e, quindi, di molte lavorazioni; smaltire le ferie può aiutare a risolvere un grave problema organizzativo per l’imprenditore (come regolare i casi di inutilizzabilità della prestazione di lavoro?), garantendo parallelamente il reddito al dipendente, in vista della ripresa - si spera celere - della attività produttive.  

 

Le ferie del lavoratore sono un diritto di fonte costituzionale. L’art. 36 Cost., al comma III, prevede che “il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non può rinunziarvi”. Nel codice civile, la disciplina delle ferie è affidata all’art. 2109 c.c., ma il testo è stato modificato dall’intervento della Consulta (Corte Cost., sent. n. 66/63) che ritenne di fissare il principio della maturazione intrannuale, in senso opposto al passato (in base al vecchio testo, le ferie si maturavano “dopo un anno di ininterrotto servizio”).  

Non c’è solo il codice civile come fonte di riferimento; la disciplina delle ferie è affidata anche all’art. 10, d.lgs. 66/2003 e ai diversi CCNL. Nel tempo, la prassi giurisprudenziale ha affrontato come principale profilo problematico, quello della cosiddetta “monetizzazione” delle ferie, prassi stigmatizzata dalla legge (comma II, art. 10 d.lgs. 66/2003) e dalla giurisprudenza alla luce della natura irrinunciabile del diritto alle ferie e della insostituibilità delle stesse con una somma di danaro; l’indennità sostitutiva delle ferie non godute è ammessa in casi residuali:

  • ferie eccedenti il minimo legale;
  • ferie residue alla cessazione del rapporto in corso d’anno.

In questo articolo parliamo, invece, della possibilità per il datore di stabilire unilateralmente, senza preavviso e per un numero cospicuo di dipendenti, il periodo di fruizione delle ferie fissandolo in un periodo non estivo e, quindi, inusuale rispetto alle consolidate abitudini italiane.   

Ferie d’agosto: sempre e comunque?

La prassi, pressoché uniforme, dei diversi settori è andata consolidandosi verso la polarizzazione della fruizione delle ferie in agosto, ciò in linea con la ben nota preferenza degli italiani per la villeggiatura estiva: le due settimane agostane sulle quattro complessive (v. art. 10, d.lgs. 66/2003) sono un must. Ciò non toglie che:

1 - non esiste un diritto soggettivo perfetto del lavoratore a ottenere che il periodo di svolgimento delle ferie corrisponda esattamente a quello richiesto;

2 - la resistenza del lavoratore alla disposizione datoriale, nella forma dell’“auto-assegnazione” da parte del dipendente dei giorni di ferie negati dal datore, può dare luogo a gravi conseguenze disciplinari (v. in tema Cass. 16 ottobre 2014 n. 21918). La collocazione delle ferie annuali viene disposta dal datore di lavoro (cosiddetto “potere di assegnazione”), tenuto conto degli interessi del lavoratore, ma fondamentalmente in base alle esigenze, tecniche, produttive ed organizzative dell’azienda. Le delicate vicende di questi giorni portano alla ribalta l’interesse del datore a favorire lo smaltimento del monte ferie per quei lavoratori che non è possibile fare lavorare da remoto (con lavoro agile). Sul tema è intervenuta la Presidenza del Consiglio con il decreto dell’8 marzo. 

Ma cosa dice il Decreto?

Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020 recante Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, ha previsto quanto segue: “qualora sia possibile, si raccomanda ai datori di lavoro di favorire la fruizione di periodi di congedo ordinario o di ferie”. 

Il potere del datore di lavoro

La disposizione contenuta nel DPCM in sé non è formulata in modo impeccabile in quanto sembra tradursi in una mera esortazione (un atto di soft law) che non innova in alcun modo il quadro normativo; ciononostante sembra risolvere - con riferimento alle delicate vicende che stiamo vivendo – alcuni dei temi cardine nella concessione delle ferie, cioè,  da un lato, quello del diritto del lavoratore di esprimere la sua preferenza (il piano ferie è, di regola, condiviso con i lavoratori) e, dall’altro, quello del preavviso che deve intercorrere fra finalizzazione del piano e godimento (sul tema, v. Cass. 11 febbraio 2000 n. 1557).

Il provvedimento del Governo Conte rende chiaro che, sotto la pressione dell’epidemia, il datore potrà avere mano libera nella determinazione del piano ed agire d’urgenza, “mettendo in ferie” il personale.

Per il resto, la previsione conferma ciò che già era vigente: il datore non può porre in essere decisioni arbitrarie (Cass. 6 giugno 1991 n. 6431) ma ha la possibilità di indicare in via cogente per il lavoratore il periodo per la fruizione delle ferie, ottenendo che questi goda delle ferie in una fase (produttivamente parlando) di calo dell’attività, qual può intendersi quella determinata dal diffondersi del Covid-19.

In altri termini, nella misura in cui le esigenze organizzative e produttive dettate dalla diffusione dell’epidemia Covid-19 costituiscono una ragione obiettiva, è chiaro che un piano ferie d’urgenza stabilito dal datore e funzionale allo smaltimento del monte ferie accumulato, difficilmente potrebbe essere tacciato di arbitrarietà. Si rivolgerebbe prima di tutto a una pluralità di addetti (non, dunque, a una o più figure individuate) e, in secondo luogo, sarebbe supportato da un atto a valenza generale come il DPCM.

Non si riscontrano, dunque, significative criticità, tenuto conto che l’indicazione del periodo di ferie in corrispondenza del periodo di flessione che attualmente le attività produttive stanno vivendo difficilmente potrebbe essere contestata sotto il profilo della violazione dei canoni di correttezza e buona fede da parte del lavoratore.

Del resto, sul tema, la giurisprudenza della Cassazione è netta: “l’imprenditore deve organizzare il periodo delle ferie in modo utile per le esigenze dell’impresa, ma non ingiustificatamente vessatorio nei confronti del lavoratore e dimentico delle esigenze di questi” (così Cass. 24 ottobre 2000 n. 13980).

Il DPCM elimina alla radice ogni censura di vessatorietà (come potrebbe essere vessatoria una decisione auspicata dalla stessa Presidenza del Consiglio? n.d.r.) e sembra anche superare il limite procedurale che, in taluni CCNL, è rappresentato dalla necessaria consultazione della rappresentanza sindacale (in specie, RSU); d’altro canto, resta inteso che, se lo smaltimento delle ferie secondo le modalità ora descritte potesse giungere previa consultazione con la rappresentanza sindacale, ciò rappresenterebbe un elemento di maggiore solidità della decisione aziendale.    

L’alternativa

Come abbiamo visto, l’alternativa è lo smart working per i dipendenti che, per la natura della prestazione, possono operare da remoto. In altri casi, vi è da valutare il campo dei permessi e, se del caso, quello delle aspettative non retribuite per i lavoratori che possano rinunciare per un dato lasso di tempo alla paga.

Scopri di più sullo smart working e sui nuovi provvedimenti in materia. 

Vantaggi per gli imprenditori

Nella situazione di emergenza attuale, le ferie possono, dunque, essere uno strumento prezioso per risolvere o, comunque, ridurre i problemi organizzativi e gestionali che l’epidemia da COVID-19 causa. C’è da credere che lo spunto contenuto nel DPCM – pur formulato in maniera non imperativa – possa supportare le decisioni di quei datori che, nell’esercizio del potere di assegnazione, decideranno di favorire nei prossimi mesi lo smaltimento del monte ferie dei dipendenti. 

A cura degli Avv.ti Nicola Spadafora e Lorenzo Maratea, Studio Legale Tonucci & Partners

 

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