È innegabile che esista una relazione tra performance delle risorse umane e risultati aziendali, ma questi ultimi possono variare molto da caso a caso. Vediamo come

La misurazione dei risultati conseguiti dalle risorse umane in azienda è fondamentale. Tuttavia, occorre fare una precisazione. Come opportunamente sosteneva Carlo Masini, emerito professore all’Università Bocconi, “l’ausilio offerto dalla matematica riduce il campo del soggettivo, ma non lo elimina del tutto”.

Visto allora che parliamo di numeri, e questi vanno sempre interpretati, occorre farlo con una dose sufficiente di buon senso che potrebbe anche stravolgere la pura evidenza numerica.

Ad esempio, spesso nella nazionale di calcio non gioca il capocannoniere del campionato. I gol segnati dovrebbero indicare che quel posto è suo. Evidentemente però intervengono altre logiche non oggettive, ma soggettive (un altro giocatore si adatta meglio al resto della squadra, oppure il nostro ha un caratteraccio, oppure è ancora troppo acerbo e qualcun altro ha più esperienza internazionale e così via). Fra parentesi, l’Italia ha vinto due campionati del mondo su quattro senza far giocare il capocannoniere, a dimostrazione che l’approccio metrico preso in sé – forse non solo nel calcio – non è vangelo.

Gli aspetti quantitativi non sono quindi il solo metro di valutazione. E allora quanto incide la qualità delle risorse umane all’interno della più complessiva redditività aziendale? È innegabile che esista una relazione tra performance delle risorse umane e risultati aziendali, ma questi ultimi possono variare molto da caso a caso. Esaminiamo due casi esemplificativi.

A - Limitata incidenza delle risorse umane sulla performance aziendale.

Ad esempio, la nostra azienda è la filiale italiana di un marchio estero di grande prestigio, unico nel suo business. Esasperando il concetto, le vendite sono solo parzialmente il risultato della performance delle persone che lavorano nella filiale. Come cliente desidero così tanto quel prodotto esclusivo che quasi non mi accorgo se sono trattato bene o meno bene, o se ho a che fare con persone davvero competenti.

Oppure si tratta di una grande azienda i cui competitor sono pochi e quasi identici tra loro; in questo caso se le performance di molte delle risorse umane occupate non sono particolarmente elevate; se cercare di risolvere un problema dialogando con il call center è impresa ardua, se il servizio offerto è problematico: anche in questo caso la performance aziendale dipende poco dalle risorse umane, perché il business è trainato dal prezzo, dalla necessità di mercato, o dalle campagne pubblicitarie.

B - Alta incidenza delle risorse umane sulla performance aziendale

La nostra azienda se la gioca sul libero mercato alla pari con le altre molte aziende presenti. Qui la performance delle risorse umane fa la differenza, specie se il management ha vera libertà d’azione: non è un numero, ma un vero decision maker.

Per intenderci: se sono una catena di fast food e ho il migliore chef italiano alle patatine, il miglior esperto americano di barbecue agli hamburger e il migliore sommelier francese che consiglia acqua minerale e aranciata, la redditività del mio punto vendita cambia poco. Allo stesso modo, a fattori invertiti, se sono nel locale più esclusivo della città e la performance del cuoco o del maître non è esattamente eccezionale, questo non avrà un peso così determinante come se si trattasse di un ristorante che propone lo stesso menu allo stesso prezzo di altri venti ristoranti esistenti nelle immediate vicinanze.

In quest’ultimo caso le risorse umane fanno la differenza: lo chef, il maître, perfino l’addetto alle pulizie, il clima che respiro come cliente sono decisivi per il successo del luogo di ristoro. Oggi in realtà la grande maggioranza delle aziende si trova proprio in questa situazione, in cui il vantaggio competitivo non è così evidente e il mercato è sovraffollato.

È quanto sosteneva Francesco Guicciardini, poco uomo di azienda ma grande conoscitore delle cose umane: “Sono ottime le industrie quando non sono ancora conosciute buone; ma allorché vengono in questa opinione, declinano, perché, voltandosi molti, el concorso fa che sieno meno buone”.

Questa è esattamente la situazione per molte aziende: settore maturo, mercato affollato, e quindi redditività a rischio.

Si tratta quindi del tipico contesto in cui il management deve essere realmente di livello, perché può  fare la differenza ed essere uno dei reali fattori di successo dell’impresa.

Articolo di Stefano Miccoli, HR Senior Advisor e Consigliere di Confapi Milano

 

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