O piuttosto rischia di mettere in ombra la cultura del lavoro e il valore dell'imprenditorialità? Se ne parla in questo articolo comparso sul web e scritto da un HR manager. Abbiamo scelto di proporvelo come interessante spunto di riflessione. Attendiamo i vostri pareri e commenti!

In questi mesi abbiamo assistito - se non anche partecipato - alle celebrazioni dello smart working. Volendo essere ancora più precisi, ne abbiamo stabilito una migliore definizione come “lavoro agile”, che ci si è affrettati a distinguere dal “telelavoro” già regolamentato e attuato oltre 20 anni fa.

Telelavoro e lavoro agile, due formule simili

Questa distinzione – per quanto corretta – in realtà appare talvolta più “vaporosa” che concreta: infatti il telelavoro prevede lo svolgimento della prestazione lavorativa dal domicilio del lavoratore con orari concordati e giornate prestabilite, utilizzando apparecchiature fornite dall’azienda.

Per quanto invece riguarda il lavoro agile (o smart working) ci si riferisce ad una prestazione svolta parzialmente in azienda e parzialmente altrove (non necessariamente il domicilio del lavoratore), con apparecchiature fornite dall’azienda e abitualmente senza un orario predefinito.

Le differenze fino a questo punto sembrano quindi davvero molto sottili.

Qualcuno ha addirittura individuato – in occasione della pandemia - un'epocale rivoluzione nell’organizzazione di una più flessibile prestazione lavorativa attraverso l’innovazione introdotta dallo smart working. A ben vedere, in realtà l’innovazione attraverso il telelavoro - già definito ed attuato in diversi Ccnl a partire dagli anni 90 – era stato addirittura strutturato con varie modalità applicative (on-line, one-way, off-line).

In quegli anni tuttavia non avevamo assistito a un'entusiastica euforia per questa nuova forma di prestazione lavorativa, che in realtà molti consideravano semplicemente una saggia “flessibilità” operativa bilaterale.

Sia il telelavoro che il lavoro agile godono infatti di regolamentazione e normative non molto dissimili, e il 7 dicembre 2021 è stato pubblicato un Protocollo di Intesa per i Ccnl del settore privato relativo al lavoro agile che riassume i punti rilevanti di questa modalità lavorativa.

Ma come viene applicato lo smart working?

Ma qui non ci appassiona così tanto l’analisi sugli elementi normativi delle varie forme di lavoro a distanza, agile o come lo si voglia definire. Quello che invece porta a una meno entusiastica riflessione è invece la modalità con cui molti utilizzatori di queste prestazioni lavorative in smart working valorizzano i vantaggi sperimentati in questi due anni.

Ci sarà forse sfuggito qualcosa, ma sui vari social e blog è stata – e continua ad essere – illustrata la straordinaria rivoluzione di questo smart working evidenziando come si possono rilevare questi incredibili vantaggi in termini di autonomia, di risparmio di tempo, di maggiore focalizzazione individuale, di minori costi di pendolarismo, di più agevole gestione del proprio tempo libero e presenza familiare.

Uno di questi post apparsi recentemente sui social illustrava la giornata “tipo” di un lavoratore che grazie allo smart working poteva al mattino andare in palestra prima di dedicarsi all’attività “ordinaria”, quindi gestirsi la pausa pranzo, completare nel pomeriggio i compiti in agenda e potere così terminare la giornata lavorativa uscendo con amici e godere della serata in compagnia, senza troppi vincoli di orario.

Se però poi andiamo oltre la consueta cerchia di quelle attività che forniscono servizi con lavori da ufficio, proviamo a riflettere sull’enorme mondo delle piccole e medie imprese e dei laboratori artigiani dove si gestisce la produzione con i macchinari invece che con i computer: che tipo di smart working queste aziende possono attuare presso fabbriche e impianti? Davvero in questi ambienti la flessibilità è così fruibile ed agevole?

Non c’è comunque il minimo dubbio che l’equilibrio tra lavoro e vita privata vada tutelato, come infatti definiamo il worklife balance, ci mancherebbe.

Dov'è finita la cultura del lavoro?

Ma leggendo i tanti post e articoli, tutta questa beatificazione dello smart working talvolta appare piuttosto come una risolutiva “liberazione” dall’ingombrante peso del lavoro, dall’oppressione degli orari lavorativi, dalla sopportazione dei colleghi nel luogo di lavoro, dalla rigidità dei compiti da svolgere.

Se anche qui non ci siamo persi qualche altra positiva considerazione a favore dello smart working, non abbiamo notato racconti che illustrassero qualche significativo risultato e successo nelle attività così svolte, qualche rilevante obiettivo raggiunto attraverso l’impegno “da remoto”, qualche scoperta di una modalità operativa che desse più soddisfazione per avere svolto con flessibilità i compiti assegnati.

Ma dunque dove è finita la cultura del lavoro? Forse che lo smart working servirà a ridurre un disagio che la normale attività lavorativa porterebbe inevitabilmente a subire? Noi lavoratori davvero viviamo il nostro lavoro come un sacrificio o critica necessità anziché come una significativa parte della nostra realizzazione umana?

Tornare alla cultura dell'impenditorialità

Forse il passaggio ai nuovi scenari del lavoro richiede la riscoperta di un principio che rende tutti più contenti, più umani, più seri, più realizzati: non si tratta di ritagliarsi tempo libero o alleggerire il carico di lavoro, ma tornare alla cultura della imprenditorialità.

Certo, l’imprenditorialità: si lavora infatti e si cresce umanamente non “svolgendo compiti”, ma realizzando ciascuno la propria “impresa”, cioè investendo assieme ad altri le proprie energie e capacità per raggiungere un beneficio sia individuale che collettivo.

Quando raggiungeremo questa cultura, lo smart working e la flessibilità diventeranno ovvie e forse automatiche, ma senza la coscienza della nostra imprenditorialità nel lavoro pensiamo davvero che qualcuno escogiterà altre nuove soluzioni organizzative che possano realizzare la nostra vera umanità?

VUOI DIRCI LA TUA? SCRIVICI! 

Post recenti

 

Questo sito utilizza Cookie, anche di terze parti, per migliorare l'esperienza di navigazione e offrire servizi in linea con le preferenze dell'utente. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento si acconsente all’uso dei Cookie.
Per saperne di più, o per negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, si prega di prendere visione della pagina Cookie Policy